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“Sono un autore che ha già pubblicato romanzi e racconti, vincendo o arrivando in finale ad alcuni premi letterari. Vorrei sottoporre alla vostra attenzione il mio ultimo libro per valutarne l’eventuale opportunità di pubblicazione presso qualche editore.”

Sono decine le richieste di questo genere che ogni giorno fioccano alle agenzie letterarie perché l’autore non sa (ovvio, lui scrive mica pubblica) o non vuole (poiché campa di altra attività, in attesa di fare lo scrittore a tempo pieno) contattare direttamente le case editrici.
Allora l’agenzia letteraria legge il libro e, se ritiene che sia valido, ricontatta l’autore proponendogli di firmare un contratto di rappresentanza per tot. mesi. Successivamente presenta l'opera agli editori, invia e-mail e newsletter, gestisce i feedback. Il libro viene pubblicato l’anno successivo (e non tramite un editore a pagamento!) e tutti esaltano di gioia.
Si attende infine il primo rendiconto, cioè il coronamento finanziario di un lungo, spesso estenuante percorso. E passa un altro anno (o sei mesi, questo dipende dalla casa editrice). 
Ma, siccome non parliamo né di Dan Brown né di J. K. Rowling, allo scrittore vengono riconosciute delle misere provvigioni, pari generalmente a meno di 500 euro. E la povera agenzia? Ah, già. All’agenzia spetta il 10% del diritto d’autore, pertanto meno di 50 euro (crisi permettendo).

Spesso, però, non succede nemmeno questo. Sì, perché dopo che l’agenzia chiede un rimborso spese (tariffa variabile, che spesso tuttavia non supera i 200 euro) per il lavoro che andrà a compiere (dalla lettura alla pubblicazione) la risposta è: “Grazie per le vostre informazioni, ma purtroppo non sono interessato ai servizi a pagamento”.

La domanda, anzi, le domande, a questo punto sorgono spontanee.
Primo: hai navigato sul sito dell'agenzia letteraria a cui hai inviato il tuo manoscritto?
Secondo: vale veramente la pena essere un agente letterario, o comunque un agente letterario che vive solo per la gloria?
Meditate, gente. Meditate…